L’encefalopatia epilettica e dello sviluppo correlata a SYNGAP1: una malattia genetica rara

Dr. Gian Marco Giobbio, medico psichiatra – Direttore medico Centro Sant’Ambrogio e Sacro Cuore di Gesù – Fatebenefratelli - Associazione Famiglie SYNGAP1 Italia

Stato dell’arte
Il cervello rappresenta il centro del sistema nervoso ed è l’organo più complesso del corpo. Tutte le attività quotidiane sono regolate dall’attività cerebrale: la capacità di prendere decisioni, la memoria, le emozioni, i rapporti sociali, dipendono unicamente dal suo buon funzionamento. Il cervello permette all’individuo di comunicare, di fare calcoli matematici, di utilizzare diversi linguaggi, di apprezzare musica, rappresentazioni teatrali o sportive, di leggere, di organizzare e pianificare la propria vita e di immaginare. Alla base del buon funzionamento del sistema nervoso centrale vi è un normale sviluppo cerebrale favorito da esperienze sensoriali, cognitive ed emotive che modellano la formazione e il raffinamento delle sinapsi cerebrali su cui poggia tutta la connessione.

Oggi sappiamo che una alterazione del funzionamento delle spine dendritiche e della struttura dei circuiti neuronali è una delle principali cause di disabilità intellettiva e dei disturbi dello spettro autistico. Gli studi derivanti da modelli animali suggeriscono che proprio le mutazioni a carico dei geni che codificano le proteine regolatorie delle funzioni sinaptiche sono principalmente responsabili dei disturbi del neurosviluppo. Una quota rilevante delle sinapsi delle spine dendritiche utilizza il glutammato come mediatore eccitatorio, sostanza utilizzata nel sistema nervoso centrale per attivare particolari recettori detti NMDAR.

La proteina SYNGAP è una componente a valle del complesso recettoriale NMDAR con la funzione di regolare negativamente il sistema.

I meccanismi epigenetici: un nuovo ruolo nella mutazione SYNGAP1?

Andrea Fuso, PhD - Prof. Associato di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica
Dip. Di Medicina Sperimentale - Sapienza Università di Roma

Conrad Hal Waddington, nel 1942, fu il primo a fornire una definizione di “epigenetica”, ovvero: “la branca della biologia che studia le interazioni causali tra i geni e i loro prodotti, che danno origine al fenotipo”. A quel tempo, la natura biochimica dei geni era sconosciuta così come il loro ruolo come depositari e trasmettitori dell’informazione genetica. Waddington immaginò l’epigenetica come un modello concettuale per spiegare la sua teoria sostenendo che la diversa interazione tra i geni e l’ambiente circostante potrebbe dar luogo a fenotipi diversi, a partire dallo stesso materiale genetico. Per fare questo utilizzò la metafora del “paesaggio epigenetico” (epigenetic landscape) per spiegare lo sviluppo biologico. Waddington affermò che i destini delle diverse cellule di un organismo durante lo sviluppo sono stabiliti in modo simile a una pietra che rotola giù da un punto elevato fino ad una zona situata più in basso; la crescente irreversibilità dei fenotipi cellulari associata al differenziamento, che rende le cellule del nostro corpo diverse le une dalle altre, è stata paragonata all’effetto di creste e avvallamenti presenti lungo il pendio e che possono indirizzare le pietre in direzioni differenti durante il rotolamento.

In tempi più recenti, l’epigenetica è stata poi formalmente definita come “lo studio dei meccanismi di controllo temporale e spaziale dell’attività genetica durante lo sviluppo di organismi complessi” (2). Secondo questa definizione però, il termine “epigenetico” potrebbe essere usato per descrivere qualsiasi cosa diversa dalla sequenza stessa del DNA che sia in grado di influenzare la differenziazione, la fisiologia e il destino di una cellula o di un intero organismo.